Il prologo di Lullaby – La ninna nanna della morte

Alberi, sole accecante, campi di grano.

Insetti fluttuanti, ancora alberi e qualche fiore viola a colorare un fosso.

Vedo la mole massiccia dell’ex acquedotto. Aumento il passo per vincere il desiderio di scappare lontano e mettere a tacere l’ansia che mi attanaglia. Scavalco la recinzione bassa. Poco più avanti è sfondata, ma preferisco avere la sensazione di trasgredire.

«C’è nessuno?». Se anche ci fosse anima viva non potrebbe certo sentirmi se sussurro in questo modo.

Un rumore basso.

Procedo seguendo il perimetro, il grigio soffocante rilascia il calore che ha fagocitato durante il giorno. Sembra di essere all’inferno.

Ho le vertigini. Proseguo calpestando la terra secca, graffiti volgari, promesse d’amore scritte a pennarello, bestemmie contro il cielo.

L’ansia mi cresce dentro. Alzo il livello di guardia, devo incollarmi a quel briciolo di razionalità che di solito ignoro. Non oggi, non in questo momento.

Seguo le scritte sul metallo consumato della cisterna piccola.

Sbarro gli occhi, mi si secca la gola. Una mano rossa, sembra fatta di sangue, un writer ispirato da un film horror. Mi avvicino e mi accorgo che è in movimento. Sta colando. Un balzo indietro.

Mi guardo alle spalle, ormai sono troppo lontana dalla strada, completamente coperta dall’ombra della grande cisterna. Avverto il pericolo, mai tornare indietro in caso di pericolo. Troppo prevedibile. Allora corro in avanti.

Inciampo.

D’istinto allungo le braccia. Lo abbraccio quasi, la mia bocca a pochi centimetri dalla sua. Spalancata. Il cadavere, occhi vitrei che non vedono, mi fissa. Sgozzato, scomposto.

Grido.

Alcuni uccelli spiccano il volo con stridore di ali. Un passo indietro.

Grida anche lui, ma nessun suono. Dalla bocca un filo di saliva. Il collo squarciato. Un universo viscoso da cui partono fiotti rossi che si allargano in macchie dense sulla terra sterile. La testa reclinata all’indietro separata dal tronco in un lago di orrore. La maglietta alzata, i pantaloni abbassati, graffi sul corpo, ferite violente, più o meno profonde. Sembrano i segni che un naufrago disperato ha inciso su un pezzo di legno per non perdere il conto dei giorni.

Trattengo un conato, un altro passo indietro, non posso smettere di fissarlo. Grido ancora, ma sento solo la terra che restituisce un’eco sommessa e una voce che mi rimbomba nella testa. Scappa, scappa!

Comincio a correre.

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One thought on “Il prologo di Lullaby – La ninna nanna della morte

  1. Tesò!
    Mica lo sapevo di questo tuo nuovo! Bravissima!

    merda, sono indietro di due letture…:(
    but you know the reason why…

    Ancora complimenti e un abbraccio! :))))

    (la copertina è bellissma)

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