Due scrittori dicono la loro su Lullaby

Stefano di Marino e Italo Bonera su Lullaby:

Stefano di Marino e LullabyLa cercavo da giorni questa bellissima immagine di John Bolton da abbinare a Lullaby…fiaba nera, atto d’amore disperato, un viaggio nell’anima oscura di ognuno di noi filtrata da una grandissima sensibilità creativa…Lullaby vi rapirà….

Stefano di Marino

Un uomo frustrato e solitario, con una madre inconsapevole e opprimente, vorrebbe essere scrittore, ma ogni giorno si specchia nel proprio fallimento davanti allo schermo vuoto del portatile, che non sa riempire.
Una ragazza incompresa da una famiglia e da un mondo sordo, che cerca nella triste fisicità di un rapporto scialbo quell’amore altrove negato.
In una provincia italiana e desolata, nella pianura dove il sole /strozza la gola alle rane/, le esistenze insoddisfatte di un uomo e di una adolescente tra di loro sconosciuti, vengono a incrociarsi. Due persone anomale, /borderline/, annaspanti alla ricerca di qualcosa, senza ali per volare ma con l’illusione di volerlo fare.
Entrambi si imbattono nella caricatura di un affetto, diverso per ciascuno, forse vero, forse anch’esso illusorio.
L’orrore irrompe improvviso, come deve essere nel romanzo di genere, e scompiglia, cambia la vita, e dà ai protagonisti quel coraggio che contrasta con la colpevole – non suggerita, ma percepibile – indifferenza borghese della gente normale.
Personaggi ben caratterizzati, capitoli secchi, scrittura fluida.
Ho letto questo Lullaby dopo il già buono Bambole pericolose, e dal confronto fra i due romanzi c’è una netta maturazione dell’autrice – anche se mi dicono che Lullaby sarebbe stato scritto prima. Baraldi ha quella capacità di costruire storie che a diversi autori della sua generazione sembra mancare. Da leggere e regalare, consigliato dai 3 ai 123 anni.

Italo Bonera

Colpo in canna – Stefano di Marino intervista Barbara Baraldi

LULLABY- INTERVISTA A BARBARA BARALDI

Barbara Baraldi e "Lullaby"
Barbara Baraldi e "Lullaby"

Barbara Baraldi è una delle poche vere professioniste che conosca nella nuova leva dei ‘giallisti’ italiani. È l’impressione che ho ricavato la prima volta che l’ho incontrata al Sud Dinner Bar ospite di Pinketts e Cappi in occasione della vittoria del premio Gran Giallo Città di Cattolica ed è la sensazione che ho consolidato lavorando in più occasioni con lei (nell’antologia ‘Bad Prisma’ curata da Danilo Arona e più recentemente in ‘ Il mio vizio è una stanza chiusa’ , entrambi editi da Mondadori). La professionalità sta nella solerzia della realizzazione dei progetti, la capacità di spaziare tra vari registri narrativi adattandosi con la giusta dose di umiltà ma anche con la consapevolezza del valore del proprio lavoro. Prova ne è “Tracce di sangue nella nebbia” , un ottimo thriller di stampo tradizionale pubblicato su Confidenze in tempi recenti. Vi propongo quindi questa intervista con grandissimo piacere.

Stefano di Marino

SDM: In questi mesi sono apparse diverse tue opere di varia lunghezza: racconti per antologie, un Giallo Mondadori, un lungo romanzo, novelle a puntate… una produzione che si va ad aggiungere al già nutrito numero di pubblicazioni (e premi) nel tuo curriculum. Qual è la differenza tra queste varie forme di narrazione secondo te?

B.B.: All’inizio del mio percorso di scrittrice scrivevo la storia che avevo voglia di raccontare, e non mi ponevo problematiche di tematica o lunghezza. Ora capita che mi vengano commissionati romanzi o racconti. Questo per me non è un limite, bensì un modo per mettermi in gioco e, magari, migliorarmi. La differenza tra le forme di narrazione, per quanto riguarda la mia scrittura, è più che altro organizzativa. Con il giallo a puntate, per esempio, dovevo dividere il romanzo in sei parti che si concludessero con una sorta di climax per spingere il lettore a desiderare di saperne di più, proprio come avveniva nel feuilletton. Dovevo quindi tenere ben presente la lunghezza di ogni puntata e giocarmi la scena di tensione al momento giusto. È stato molto divertente.

SDM. Quale formula trovi più congeniale al tuo modo di raccontare? Continue reading