Le schegge taglienti del thriller: La casa dagli specchi rotti di Barbara Baraldi

Le schegge taglienti del thriller. "La Casa dagli Specchi Rotti" di Barbara Baraldi

Con “La casa dagli specchi rotti”, presente nella raccolta di Supergiallo Mondadori “Il mio vizio è una stanza chiusa”,  Barbara Baraldi conferma e rafforza tutte le sue doti narrative. Fra le quali spicca senz’altro la abilità di unire sapientemente due opposti inconciliabili, leggiadria e orrore.

Seguiamo Barbara Baraldi lungo una scalinata buia, un gradino dopo l’altro. Ci fa strada reggendo una candela dalla fiamma tremula che scioglie come può il buio denso. Freddo e umido. Vuole mostrarci il luogo in cui scrive. Giungiamo ad una stanza che sembra spaziosa, illuminata solo da una grossa lampada liberty, vetro sottile color ambra avvolto da spirali di ferro battuto. A fianco, in penombra, la sua scrivania. In un grosso calamaio riposa una enorme piuma bianca, così alta che si fatica a capire come Barbara possa usarla. Chiedo se è quella che usa per scrivere, lei mi conferma con un cenno del capo, mentre si sistema sulla sua poltrona di pelle. Siamo entrambi seduti ora, in questo rifugio dal mondo, una cantina senza vino, dove domina solo il nero delle parole.

Si accende una sigaretta e mi sorride, lo sguardo fisso e penetrante. Me la immagino gironzolare a passi lenti in questo buio, buttare fuori il fumo e riflettere. La sua piuma magica, ne “La casa dagli specchi rotti”, ha continuato a flettere sinuosa nei labirinti più bui dell’animo umano, raccogliendone le perle nere e trasformandole col suo calore femminile in inchiostro, e da lì in parole. Mi sono fatto l’idea che funzioni così, il suo modo di scrivere.

Accendo il registratore e comincio, la mia voce rimbomba nello spazio vuoto.

Anche in questo tuo ultimo lavoro domina l’aspetto psicologico dei personaggi, sorretto da una certa simbologia inquietante (la carrozzina con il bambino), che il lettore ritrova poi svelata nell’epilogo in tutta la sua logica. Le dinamiche psicologiche che descrivi si reggono su una tale accuratezza e credibilità che ricordano per certi versi l’intuito indagatore di Schnitzler, autore di “Doppio sogno” e altri capolavori, a cui lo stesso Freud non lesinò la propria ammirazione. Ti chiedo: hai una certa preparazione teorica di psicologia, in qualche modo ti documenti e approfondisci su testi, o ti affidi al solo intuito, a un cosiddetto “sesto senso”, proprio come Schnitzler?

L’intuito, il “sesto senso”, è la mia prima guida. “Sentire” le persone, non limitarmi a guardarle, ma cercare di “vederle”. Penso sia la prima dote necessaria per costruire la psicologia di un personaggio credibile. Poi c’è tutto il lavoro di documentazione, che per quanto mi riguarda avviene successivamente all’idea, ed è altrettanto importante.

Tutto il lungo racconto “La casa degli specchi rotti” è elegantemente cadenzato dai meravigliosi versi di Neruda, a cui la piccola protagonista si affida in modo struggente, come a rifugiarsi dalle dolorose ondate di sofferenza che la assediano. Secondo il tuo modo di intendere la scrittura, che tipo di rapporto intercorre fra prosa e poesia? Quanto sono sovrapponibili i due linguaggi letterari, e quanto invece devono rimanere distinti, seppure compresenti nella narrazione?

Per quanto mi riguarda, prosa e poesia si tengono per mano. Entrano l’una nell’altra per creare un gioco di linguaggi concentrici, una danza cromatica che suoni come una melodia. L’ho cercata fin dal mio primo romanzo. Molti preferiscono tenere separati i due generi, o si riconoscono soltanto in uno di loro. Io cerco la contaminazione; la poesia arriva a incontrare la scrittura cinematografica nella ricerca di una nuova forma di espressione.

Come in altri tuoi lavori, vedi “La collezionista dei sogni infranti”, riesci anche in questo caso a unire sapientemente cliché narrativi dei film horror classici (il classico coltello da cucina, vera icona pop) con descrizioni raffinate e struggenti. Nel caso di “La casa dagli specchi rotti” tale soluzione narrativa è dettata solo da scelte editoriali, ovvero proporre nella raccolta Supergiallo racconti ispirati al thrilling, o sarebbe stata comunque una tua irrinunciabile firma d’autore?

Certe immagini rimangono incollate nell’immaginario: il coltello da cucina impugnato da una mano guantata, la collana di perle, il trucco sbavato a cerchiare gli occhi iniettati di pazzia… così come il mantello nella fiaba di Cappuccetto rosso o la chiave insanguinata di Barbablù. Amo trasfigurare queste immagini, e fa sicuramente parte di me, oltre a essere divenuto una sorta di “gioco” con i miei lettori più attenti, che si divertono a scovare le citazioni.

Quali film hanno eventualmente ispirato il tuo ultimo lavoro? Nella vecchia casa abbandonata sembra di riconoscere Pupi Avati e “La casa dalle finestre che ridono”…

“La casa dalle finestre che ridono” ha sicuramente contribuito a evocare la casa abbandonata del racconto. Come ho detto in varie occasioni, è uno dei film più spaventosi che io abbia visto. Se inizio a guardarlo, poi non riesco più a smettere! A quel punto mi tocca controllare sotto il letto e abbracciare l’orsetto zombie per addormentarmi… Ho cercato di evocare l’atmosfera claustrofobica in cui tutti sembrano nascondere qualcosa di “Pensione paura”, un film di Barilli che mi è molto piaciuto. La pazzia iconografica e sensuale di “Quando Evelyn uscì dalla tomba” e i colori saturi di Mario Bava. La scena dell’omicidio la immaginavo illuminata da uno spot rosso, ma ognuno penso ci vedrà i suoi colori (o non colori).

Non mancano descrizioni ad elevato tasso erotico, ma mai volgari, secondo la tua sapiente maestria. Che valore e significato attribuisci all’eros nei tuoi racconti gialli?

Ti ringrazio. L’eros ha un valore molto importante nei miei racconti. È il tramite con cui cerco di svelare l’aspetto più recondito dei personaggi; c’è chi esprime la propria frustrazione tramite un atto sessuale violento e liberatorio, chi sfugge a un legame che fa paura attraverso il rifiuto del proprio corpo e chi scatena le proprie fantasie in visioni che confonde con la realtà.

Per concludere, dicci qualcosa di sick-thrilling…

Piccola chiave argentea, quanti fantasmi porteresti a galla?