La bambola dagli occhi di cristallo come Lisbeth Salander? La recensione del quotidiano The Independent

È apparsa ieri sul quotidiano inglese The Independent una recensione di The girl with the crystal eyes, traduzione inglese del mio romanzo La bambola dagli occhi di cristallo. Nell’articolo di Jane Jakeman viene fatto un inedito paragone tra la “bambola” e Lisbeth Salander, co-protagonista della trilogia Millenium (Uomini che odiano le donne, La ragazza che giocava con il fuoco, La regina dei castelli di carta). La bambola dagli occhi di cristallo è stato scritto molto prima dell’uscita italiana di Uomini che odiano le donne, ma il paragone non può che farmi piacere 🙂

If Bologna brings to mind sausages and spaghetti, this fast-moving thriller paints a new picture of that ancient city as a chilling network of dark streets through which a serial killer flits. A pool of blood into which a child drops a teddy bear marks the start of a trail of gutted corpses as Inspector Marconi (yes, his antennae are always vibrating) tracks the murderer. His investigations take him into some louche quarters of this suddenly interesting town. Call me a simple country girl, but I had never previously heard of a “Marilyn” party, where everyone has to wear a blonde wig. [Continua qui]

La bambola di cristallo – Recensione di Horrormagazine

“Eccola, è così. La bambola si è animata, si muove, lo guarda e ride mostrando i piccoli denti lucenti. Si avvicina vestita soltanto di una sottoveste in pizzo nero che gioca con la luce arancione mostrando e nascondendo le gambe nude che si muovono sotto il tessuto. Ha qualcosa di lucente in mano. Una mezza luna tagliente come una nota stonata…”.

C’è violenza e poesia nei gesti della bambola di cristallo. Rabbia e rivincita. Seduzione e disperazione, in una Bologna gotica che dona nuova linfa alla nostra narrativa di genere.

E’ la storia di tante donne e di tutte le donne, quella della bambola. C’è Viola, fragile e trascurata, che vaga per la casa con indosso il maglione del suo uomo, per sentirne l’odore. Si mangia le unghie e “piange. Piange spesso, forse tutti i giorni, almeno per un minuto”. Poi c’è Eva, che sogna di diventare una nota pubblicitaria, va in palestra per farsi in muscoli dopo il Fatto, e “dice a se stessa che domani sarà differente”. C’è anche Giulia, ricca e viziata, quella che a nove anni portava nella borsetta i soldi del monopoli e ora passa da un ragazzo a un altro per noia. Per lei non è importante l’oggetto in sé, “bensì la strada, lo stratagemma per ottenerlo”. E come dimenticare la gatta Miew? Miew che guarda fuori dalla finestra. Miew fedele e dispettosa che “forse vorrebbe trasformarsi nel cavallo alato, il cavallo alato dei biscotti col buco”. Ma soprattutto c’è Lei, la bambola: “è come un ragno, tesse la sua ragnatela, prepara ogni cosa con cura, poi si fa seguire. Sa come farsi seguire da un uomo e li fa cadere in trappola. Non attacca, la sua è una difesa. Premeditata”.

Non c’è modo di riporre il libro senza chiedersi dove andrà a parare l’ultima pagina letta. I capitoli snelli, legati di volta in volta al punto di vista di una delle numerose maschere (niente e nessuno è ciò che sembra, e le caratterizzazioni ricche di chiaro scuro rendono affascinante ogni personaggio della vicenda) s’intrecciano in modo da risultare la somma di varie storie parallele.
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La bambola di cristallo – Recensione di Dario Geraci

Commentare un’opera di Genio è arduo, soprattutto quando si conosce,non solo l’identità del Genio in sé, ma anche e soprattutto il suo retroterra culturale.

Stiamo parlando de “La Bambola di cristallo” ultima esperienza visionaria di Barbara “Luna” Baraldi, già autrice del fortunato “La collezionista di sogni infranti” (Perdisa) e di diversi altri racconti sparsi nella foresta nera delle antologie letterarie.

Diceva, Giorgio Scerbanenco, uno dei più grandi scrittori italiani di sempre:

“La vita è come un pozzo delle meraviglie, ci puoi trovare di tutto: stracci, brillanti e coltellate alla gola”, tutti elementi che l’Autrice ha saputo sapientemente calibrare come il più raffinato degli allibratori, in una miscellanea elegante e morbosa al punto giusto.

Riscontriamo in Barbara Baraldi, un citazionismo che va ben oltre il mero saccheggiamento visivo ai film italiani degli anni ‘70; dovremmo parlare piuttosto, di un certo gusto “conservativo” e “restauratore” per quello che forse era il canone fondamentale che fece la fortuna di quelle pellicole: “L’estetizzazione della morte” e “La sensualità dell’omicidio”. Continue reading