Specchio, specchio delle mie brame

Lo scrittore Stefano di Marino mi ha intervistato per Horror.it:

Con quel suo modo burbero, a volte un po’ fuori dalle righe che gli amici sanno essere indizio di un affetto virilmente manifestato solo per chi sa cogliere, Andrea G. Pinketts mi corresse durante la presentazione di ‘La collezionista di Sogni Infranti’ di Barbara Baraldi. Ovviamente aveva ragione. Era una ‘fiaba’ e non una ‘favola’ nera. Distinzione sottile ma fondamentale perché mentre nelle favole i personaggi sono di solito animali antropomorfi, nelle fiabe interagiscono personaggi veri.

E che i personaggi di Barbara siano ‘reali’ pur in un contesto fantastico non v’è dubbio. Amelia, la vendicatrice Eva, Giadaprotagonista di Lullaby (forse il romanzo più compiuto di Barbara, meno legato a convenzioni imposte da format editoriali) e infine Scarlett sono personaggi femminili veri, ciascuno con un’angoscia segreta, un modo di reagire e anche se inserite in contesti fiabeschi, pennellati di nero. Dire che Barbara ha ridefinito la nozione di gotico letterario può sembrare eccessivo? Forse.

E forse no, considerata la produzione italiana ed estera attuale angosciosamente ancorata a stereotipi. Di sicuro Barbara ha saputo far tesoro di film e libri consumati avidamente, con una evidente fascinazione per la paura, per quel lato oscuro che ti attrae e ti respinge, esattamente come avviene nella vita. È forse la capacità di mantenere il legame con la realtà (di oggi come quella di quando era un’adolescente) che permette a Barbara di tessere trame di pizzo nero su storie umane, dolorose. Tensione e spettacolarità si fondono con la capacità di scavarsi dentro senza eccedere perché, da narratrice ormai consumata, sa che cedere troppo all’autobiografismo è un passo verso un’insidiosa palude. E da Scarlett (Mondadori) romanzo apparentemente dedicato a un pubblico adolescenziale ma in realtà più che godibile a qualsiasi età partiamo per questa intervista.

SDM. La fiaba nera. Un genere nuovo o semplicemente la riscoperta di un patrimonio narrativo un po’ tralasciato negli ultimi anni?

Le fiabe mi accompagnano sin da bambina. Oggi forse non si raccontano più, ma allora era la voce di mia madre, o a volte di mia nonna, ad accompagnarmi nel regno dei sogni. Ero attentissima a ogni particolare, ascoltavo in silenzio, immobile, attendendo con emozione la fine della storia. Aspettavo trepidante che la porta vietata fosse aperta, che la protagonista attraversasse il bosco o che la donna dalla pelle diafana si pungesse il dito con un fuso e la maledizione avesse inizio. Poi sono diventata collezionista di libri di fiabe da tutto il mondo. Questo patrimonio fa parte di me ed entra, trasfigurato, nelle mie fiabe nere. Insieme alla musica, ai film che mi hanno colpita, ma soprattutto alla realtà che è anch’essa una fiaba da vivere ogni giorno.

SDM. Nei tuoi romanzi e nei racconti mi sembra siano individuabili due scenari ricorrenti pur sfaccettati ogni volta in maniera originale. Quello urbano più legato alla musica, ai locali a tutta una mitologia dark che ha radice nella cultura estreme più recente e quello extra urbano, riecheggiante di storie ascoltate la sera, di frasi sussurrate. Quale ti fa più paura?

La paura risiede negli occhi con cui guardiamo le cose. Amo parlare del nostro territorio: l’Italia. Dei paesini di provincia apparentemente tranquilli dove si nascondono anime inquiete, della campagna violenta, assolata o nebbiosa, delle città e dei locali notturni pieni di predatori e prede. Il paesaggio si trasforma a seconda della storia che voglio raccontare, partecipa alla narrazione e ne diventa parte integrante. Quando ero più piccola vivevo in una casa ai margini del paese. Dietro: la campagna. Animali notturni che spezzavano un silenzio così maestoso da dare i brividi. Di solito il sonno tardava a venire, così, con la fantasia, correvo fuori dalla stanza. Lasciavo il mio letto accogliente e mi tuffavo in scenari spaventosi dove vivevo mille avventure. Poi ho scoperto la città, i club sommersi tra le vie di Bologna e di Modena. Armata di macchina fotografica, mi intrufolavo dappertutto. Ricordo che per entrare al Livello 57, a Bologna, bisognava attraversare una parata di tossici, alcuni con la siringa ancora affondata nel braccio. A due passi dal brulicare della città, c’era la paura e l’oblio. Io mi facevo coraggio ed entravo per cercare la musica, il concerto di una band il cui nome stava diventando una leggenda, le proiezioni di film misconosciuti, una piccola libreria con testi di controcultura. Sapevo che per uscire avrei dovuto di nuovo attraversare quell’inferno. Tutto questo è paura e realtà. Una realtà che si può conoscere solo sporcandosi le scarpe sul campo.

SDM. Come sai non sono convintissimo che esista una letteratura femminile opposta o in antagonismo con quella maschile. Le tue protagoniste sono prima di tutto personaggi. Qual è la tua opinione a riguardo?

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