Bologna non dimentica: 41 anni dalla Strage

Questo articolo l’ho scritto per il Corriere della Sera, lo scorso anno, per i quarant’anni dalla strage di Bologna. Mentre buttavo giù i pensieri, di getto, ho rivissuto tutto, come una fotografia impressa nell’anima.
Oggi come ieri, per non dimenticare.

I ricordi sono come randagi, non puoi scegliere dove andranno o dove si fermeranno, seguono un istinto tutto loro.
Non ricordo cosa ho mangiato ieri. Non ricordo perché è finita un’amicizia; del resto non serbo rancore se non verso me stessa. Non ricordo se l’anno scorso sono stata in vacanza, o perché un giorno ho smesso di pettinarmi i capelli per non ricominciare a farlo mai più.
Ma ricordo la ruvidezza del completo con cui fu sepolto mio nonno, mentre gli infilavo un sasso, una moneta e un bigliettino nella tasca, prima che chiudessero la sua bara. Ricordo i sogni che facevo prima di compiere un anno e dormivo nel lettino con le sponde, nella vecchia casa di famiglia in cui i muri sembravano respirare. Ricordo il sangue al naso durante la Prima Comunione, con la luce del sole che filtrava dalle vetrate a mosaico, e io che avevo paura fosse una punizione divina perché avevo assaggiato di nascosto il liquore allo zabaione.
Certi ricordi sono come cicatrici, ti rimangono addosso per sempre e ti rendono la persona che sei. La strage di Bologna è uno di questi ricordi.
Il 2 agosto 1980 è una di queste cicatrici.
Avevo cinque anni, ero a tavola con i miei genitori e mio fratello di undici mesi più piccolo. Stavamo mangiando le penne al ragù quando il telegiornale iniziò a trasmettere le immagini della strage. Fotogrammi dall’inferno. Detriti e polvere, i soccorritori al lavoro, i volontari che scavavano tra le macerie a mani nude, l’autobus 37 che faceva da navetta per gli ospedali, l’orologio fermo alle 10:25.
Rimasi immobile, incapace di parlare, persino di respirare. Perché io la conoscevo bene, quella stazione; ogni domenica ci arrivavo con il treno dal paese, insieme a mia madre e ai nonni, per andare a pranzo dalla bisnonna e dalle “zie” (che in realtà erano le sorelle di mia nonna). Era una festa, per me che non avevo mai viaggiato. Mi faceva sentire grande, prendere il treno. Conoscevo a memoria il binario dove arrivavamo e l’itinerario per Mura di Porta Galliera, dove viveva il resto della famiglia materna.
In mezzo a quei detriti avremmo potuto esserci noi. Da quei detriti la mia memoria non si sarebbe più affrancata.
Poi, il fotogramma di una bambola in mezzo alle macerie. Sì, avevo solo cinque anni, ma pensai che nessuna bambina sarebbe tornata a prenderla, quella bambola. Fu allora che scoppiai a piangere. In qualche modo conscia che quell’atto vile mi aveva rubato l’innocenza. Aveva rubato l’innocenza a tutti noi, bolognesi, emiliani, italiani, che stavamo assistendo inermi alla tragedia.
A quarant’anni dalla strage, quella cicatrice non ha smesso di far male. E io non posso fare a meno di pensare a quella bambina che non potrà mai più giocare con la sua bambola. E a tutte le ottantacinque persone che non hanno più fatto ritorno a casa, ai duecento feriti, ai sopravvissuti e alle loro famiglie.
Non dimenticare è un atto dovuto. A tutti loro. Alla nostra identità.

Aurora è uscita dal buio

Scrivere Aurora nel buio è stato un parto difficile. Ho iniziato a lavorarci dopo il terremoto dell’Emilia, tra le ferite del mio paese che non sarebbe più stato lo stesso, se non nella mia memoria. Ma la voce di Aurora, così complessa e seducente, non mi lasciava tregua. Come un’ossessione che ti lega e non ti lascia scampo. Come un vortice che ti inghiotte.

Aurora era una luce che brillava, su tutte le difficoltà, nel buio della sua mente. Quattro anni per la stesura definitiva, anni in bilico, tra le vie di Sparvara. Grazie a voi, Aurora è uscita dal buio. E io sono qui a ringraziare tutti per l’affetto, il supporto, le emozioni che mi avete restituito e che sto raccogliendo nell’album dedicato al romanzo. Con questo post ho radunato le opinioni apparse in rete e sulla carta stampata sul romanzo.

Per Erika Zini di WonderfulMonsterBook «uno stile asciutto, essenziale e allo stesso tempo estremamente vivido è alla base di un romanzo imperdibile per gli amanti dei thriller, delle atmosfere scure, degli eroi “con macchie”, dei sopravvissuti. Aurora nel buio è uno dei migliori romanzi usciti in questi mesi del 2017, sarebbe un delitto non leggerlo».

Per Marco Cavallini di Spectraweb «se il capolavoro La casa dalle finestre che ridono rappresenta per voi un culto assoluto, immergetevi nelle pagine di Aurora nel buio. Le finestre si riapriranno».

Diego Matteucci scrive su Horror Magazine che «il lettore entra in empatia con le parole scritte su un foglio di carta, ed è come una magia».

Dalle pagine del «Corriere di Novara», Eleonora Groppetti lo definisce «un thriller che va oltre i confini del genere per diventare l’omaggio a una terra ferita dalla natura».

«Probabilmente il miglior romanzo del millennio insieme a Wayward Pines di Blake Crouch» è il verdetto di Umberto Visani, scrittore e giornalista di «Ufo International Magazine».

Per il mensile «Amica», Aurora Scalviati è «una moderna Cassandra che si butta tra le tenebre in un romanzo avvincente e ben costruito».

Barbara Salardi nel suo blog consiglia Aurora nel buio «perché è un romanzo scritto benissimo, con una trama solida, un ritmo serrato come i thriller migliori, ma che ti fa anche provare forti emozioni».

Questa l’opinione di Matteo Barbieri, dalle pagine de «La Voce di Reggio Emilia»: «Aurora nel buio è un thriller che gioca su ritmi accelerati e intuizioni geniali, un gioco di scatole cinesi immerso in un’atmosfera cupa, greve, dove la bassa emiliana, incarnata nei tratti di Sparvara, diventa il paesaggio perfetto per un killer».

Sul portale Un buon libro non finisce mai Aurora nel buio è definito «un thriller tutto da scoprire e assaporare. La mole di pagine sfila via velocemente grazie alla suspense che tiene alto, continuamente, il ritmo della storia. Barbara Baraldi riesce ad incuriosire, con il suo stile diretto, e a far temere per il peggio. Tutto ciò rende il lettore incapace di interrompere la lettura».

Per Matteo Marino, autore dei due volumi del Dizionario delle serie TV, «Aurora nel buio di Barbara Baraldi è il thriller ideale per l’annuale appuntamento con la sabbia e la crema solare. E questo nonostante non abbia nulla a che fare con spiagge e onde: vi trasporterà anzi altrove, ma proprio altrove, nella nebbia della Bassa, in un mondo sospeso in cui i contorni delle cose sono meno netti e La casa dalle finestre che ridono può sconfinare in Alien (“Nessuno, oltre la coltre della nebbia, poteva sentirla urlare”), Il silenzio degli innocenti rivelare un cuore di tenebra, Carrie Mathison incontrare Sarah Linden, dove i riflessi sono argentei e c’è sempre tanta musica nell’aria».

L’Accademia Res Aulica premia Aurora nel buio durante la serata di chiusura dell’Anno Accademico 2017 perché è «un libro perfetto che mancava nel panorama letterario e ora c’è».

Dalle pagine di «Donna moderna» Gianluca Ferraris definisce Aurora nel buio «cinquecento pagine di tensione assoluta».

Valeria Martellotti ha recensito il romanzo per ThrillerNord: «Meravigliose le descrizioni della provincia emiliana dove si svolge la caccia al killer: dalla Bologna del 1300 dilaniata dalla peste, si passa ai giorni nostri in una regione che porta ancora evidenti i segni del terremoto che l’ha devastata ma non vinta».

«La protagonista principale, Aurora, che oserei definire la nostra Jessica Jones italiana, a mio avviso racchiude in sé la forza, la determinazione, l’intuizione, il senso di giustizia, il giusto cinismo, il pragmatismo e quel fondo oscuro dell’animo, irraggiungibile ma ben visibile, degno dei grandi personaggi della letteratura noir come Victoria Ifigenia Warshawski, Mike Hammer e Philip Marlowe» sono parole tratte dalla recensione di Marika Bovenzi per Letteratura & Cinema.

Su Economia italiana, Massimo Mistero lo definisce «Un romanzo che scorre via liscio come l’olio. Forte di una trama segnata da indubbie angolazioni di novità; impregnata di fascinose ambientazioni e misteri; supportata da personaggi forti e intriganti».

«Da leggere tutto d’un fiato perché quando ti ritrovi nel gorgo delle azioni descritte non puoi fare a meno di desiderare di scoprire l’evento che ne sussegue. I personaggi sono tanti, difficile non schierarsi per l’uno o per l’altro, e anche nel desiderio di immaginare prima del finale di capire chi sia l’assassino si resta interdetti da nuove rivelazioni». Su UnoDodici è uscita una bella riflessione su Aurora firmata Tonino Monti, fondatore e amministratore del Diabolik Forum.

«Tra incubi, paranoie e un paesaggio dall’atmosfera ansiogena, la Baraldi racconta un thriller brillantemente congegnato, passando dalle fiabe nere per bambini ai più reconditi segreti sepolti nella psiche umana. In un crescendo di tensione che raggiungerà il suo climax dopo vari colpi di scena, si mescolano magistralmente l’ambientazione moderna in cui si muovono i personaggi, e quella medievale». Su In Media Rex, la graffiante recensione di Aurora nel buio firmata Carla Marras.

«Aurora nel buio di Barbara Baraldi: un thriller Made in Italy migliore di molti bestseller americani» dice Azzurra Sichera nell’emozionata ed emozionante recensione uscita sul blog letterario Silenzio sto Leggendo. Parole che mi riempiono di orgoglio e offrono un bello punto di riflessione, perché è proprio così, a volte ai romanzi italiani si preferisce il brivido esotico. Un grazie a tutti coloro che sostengono gli scrittori italiani!

«In Aurora nel buio è un po’ come se i personaggi di un romanzo di Harris fossero i protagonisti de La casa dalle finestre che ridono» è la riflessione su Capitolo Nero firmata Ivan Castellucci, che ci tiene a precisare che non fa recensioni di libri, ma consiglia libri.

Per Gian Luca A. Lamborizio di MilanoNera «i riconoscimenti che Barbara Baraldi ha già ottenuto, in Italia e all’estero, parlano da soli. Questo romanzo è un’ulteriore conferma del valore della scrittrice emiliana, un bel noir, ma anche un thriller psicologico che scava in profondità negli abissi della mente umana. Altamente raccomandato».

Nevio Galeati, direttore del festival GialloLuna NeroNotte scrive su «Ravenna & Dintorni News»: «Non fatevi condizionare dal fatto che l’impalcatura della storia si basi sulla figura di un serial killer. Il romanzo parla di memoria, sofferenza, sensi di colpa; e, ancora, di fiducia, rapporti familiari e amore, con attenzione, cura e introspezione. Ma ci sono ritmo e colpi di scena continui, perché la Baraldi sa bene come un romanzo debba trascinare e attrarre il lettore nel proprio maelstrom».

Parole forti quelle di Patrizia Debicke su Contorni di noir: «La normalità non è certo di casa in questo romanzo. Tutti i personaggi, tormentati e difficili, sono i sofferti reduci da pecche, errori, traumi e gravi pene fatti o subiti nel passato. Ma soprattutto la follia è salita sul podio e dirige abilmente l’orchestra».

Dalle pagine del Corriere della Sera di Bologna, Massimo Marino rilancia: «Con Aurora nel buio, pubblicato da Giunti, Barbara Baraldi torna al genere che l’aveva lanciata, il thriller, e non risparmia atmosfere ad alta tensione e colpi di scena. È una storia di diffidenze e di segreti, di durezze e di ricerca spasmodica della verità per salvare qualcuno».

Gli fa eco Gianluca Veneziani per il quotidiano Libero: «Il Male fa più paura se si trova vicino, nei luoghi soliti e familiari, in quello che Freud definiva l’Unheimliche (ciò che è intimo e, insieme, ciò che è più inquietante). In quei casi fatichi di più ad afferrarlo, cioè sia a comprenderlo che a cercare di fermarlo».

Tra i consigli per le letture estive di Grazia, a firma Laura Frigerio, c’è Aurora nel buio, un romanzo «in grado di tenervi incollati al libro fino all’ultima pagina».

Per concludere, poche righe tratte dalla recensione uscita su «La Repubblica» e firmata Giancarlo de Cataldo: «Aurora è un personaggio decisamente moderno. Un incrocio tra la Saga Norén di The bridge e la Carrie Mathison di Homeland, schizzata e imprevedibile, angosciata e generosa, interprete di un pensiero divergente che la porta a scontrarsi con l’ottusità di un sistema in cui dominano il conformismo e l’ossessione delle procedure».

Dylan Dog «La mano sbagliata» sul Corriere della Sera

La mano sbagliata continua a far parlare di sé sulla carta stampata. Sull’edizione bolognese del Corriere della Sera il 1 settembre è uscita un’intervista in cui parlo del mio rapporto con il personaggio creato da Tiziano Sclavi e delle suggestioni che mi hanno portato a scrivere la storia. Secondo Massimo Marino, l’autore dell’articolo: «Baraldi e Dylan Dog è un’unione felice».

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I misteri di Bologna sul Corriere della sera

Sabato 28 dicembre, nella sezione Cultura & spettacoli del Corriere di Bologna è uscito un bellissimo articolo che mi riguarda, firmato dal giornalista Massimo Marino. Nell’intervista si parla del volume Misteri, crimini e storie insolite di Bolognadi personaggi che hanno lasciato un’impronta nella storia di Bologna, come Girolamo Lucchini, il Diabolik bolognese, di bande criminali, di esorcisti e di streghe. E, a proposito di streghe, ne ho approfittato per dare un’anticipazione sul secondo volume di Striges, raccontare qualcosa sulla fiaba gotica Aurora – Sleeping beauty, e c’è spazio perfino per il Re del terrore, quello vero. Dimenticavo! Volete un consiglio su come passare il Capodanno? Non vi resta che leggere l’articolo 😉

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101 misteri di Bologna. Rassegna stampa

Da «Il resto del Carlino» del 21 ottobre 2011:

In 101 capitoli la Bologna che fa paura

Si comincia dall’inizio (ovvero dagli enigmi di quella pacifica civilità villanoviana per molti versi ancora sconosciuta «che usava però strani simboli come la svastica») e si arriva ai nostri anni Novanta (per ricordare ad esempio il tentato sequestro alla Capannina di Luca Pazzaglia). E in mezzo c’è di tutto e di più: la vicneda dell’astrologa Gentile Budrioli, bruciata come strega nel quindicesimo secolo davanti a San Domenico; il sospetto che Mary Shelley abbia scrittoFrankenstein grazie alla descrizione che Lord Byron le avrebbe fatto degli esperimenti sulle rane di Luigi Galvani; la leggenda del pittore delle agonie descritto da Pupi Avati nel film La casa dalle finestre che ridono. Tutti gli enigmi inspiegabili (compresa l’invenzione del tortellino) e i delitti insoluti della città oscura trovano una ribalta dunque in 101 misteri di Bologna di Barbara Baraldi. L’autrice, nata a Mirandola ma bolognese d’adozione, ha già scritto otto romanzi spaziando dal noir al dark fantasy. E, quindi, è una scrittrice che al mistero dà del tu.

Come è nato in lei questo interesse per l’ignoto all’ombra delle Due torri?

Fin da bambina, quando il sabato pomeriggio venivo a Bologna a trovare i parenti, preovavo una curiosità morbosa per le chiese, le lapidi, gli antichi palazzi. Erano le zie a raccontarmi i fatti di cronaca di allora che la mia mente viveva in una luce particolare. Mi ricordo il caso dello strangolatore di prostitute e quella sua vittima sola e gentile soprannominiata la Giraffa. E l’assassinio di Nino D’Alfonso, morto senza che si sia mai trovata una spiegazione.

I 101 casi che lei racconta sono quindi romanzati ma assolutamente veri?

Certo, sono frutto di una documentazione attenta a cui io do più chiavi di lettura. L’ultima parte del libro è dedicata in particolare agli edifici infestati da presenze inspiegabili. Cito quanto accadde negli anni 50 in una scuola alla Croara dove morì un bambino precipitato dalle scale mentre giocava a pallone. Lì c’erano improvvisi allagamenti, porte che si chiudevano da sole, voci infantili sussurranti. Alla fine la scuola è stata abbattuta.

Lei parte da episodi storici lontanissimi nel tempo, citando addirittura la visita di Nerone a Bologna…

Sembra che l’imperatore sia stato chiamato qui nel 60 dopo Cristo per assistere alla ricostruzione di Bologna dopo l’incendio. Da lì gli sarebbe nata l’idea di appiccare fuoco a Roma per ricostruirla più bella.

A proposito di fantasy, anche qui si sarebbe cercato il tesoro dei Templari?

Molte chiese furono spazzate via proprio per questo motivo. Un episodio curioso riguarda Santa Maria della Magione in strada Maggiore: era rimasto in piedi solo il campanile alto 16 metri e Achille Malvezzi decise di correggerne l’inclinatura. Non si sa come Aristotele Fioravanti, l’uomo che costruì il castello di Budapest, riuscì a spostare quel campanile.

Sostiene anche che questa è terra di vampiri…

Mi ha colpito che durante i lavori dell’Alta velocità sia venuta alla luce una necropoli antica di 200 tombe, in cui si sono scoperte 44 sepolture anomale. Ad alcuni giovani sono stati staccati gli arti e inchiodati i piedi alla testa. Sono le pratiche che si usavano con i revenant, quelli che, secondo la leggenda, tornano dalla morte per vendetta.

C’è una cosa che l’ha colpita più di altre?

Che qui vivesse il più grande esorcista di tutti i tempi, Girolamo Menghi. Era un monaco francescano che trattava di sabba e di streghe. I suoi libri sono finiti all’Indice.

Claudio Cumani


Da «Il fatto quotidiano» del 20 ottobre 2011:

Dalla strega Budrioli al delitto Alinovi, i 101 misteri di Bologna nel libro della Baraldi

C’è la storia di Carlo Nigrisoli, il medico bolognese condannato nel 1965 a 24 anni di carcere per avere ucciso la moglie Ombretta, con una iniezione di curaro. Quella di Francesca Alinovi, 35enne critica d’arte e ricercatrice del Dams, trovata morta nel 1983 nel suo appartamento di via del Riccio, nel centro storico di Bologna. E quelle più antiche, sospese a metà tra cronaca e leggenda. Come quella di Gentile Budrioli, chiamata anche Strega Enormissima, vittima alla fine del 1400 del tribunale dell’inquisizione. Delitti feroci ed enigmi indecifrabili nascosti tra i portici. E raccolti dalla scrittrice Barbara Baraldi in un libro intitolato “101 misteri di Bologna che non saranno mai risolti”.

Il volume ripercorre la vita di Bologna dalla preistoria fino ai giorni nostri, tratteggiandone il volto noir. Si parte da lontano, anzi lontanissimo, con il mistero della società villanoviana, spazzata via mille anni prima di Cristo probabilmente perché incapace di costruire armi e fare la guerra. E con un salto di oltre 2mila anni, si arriva davanti al monastero del Corpus Domini, in via Tagliapietre. Dove è conservata Santa Caterina, badessa considerata dotata di poteri divini e santificata tre secoli dopo la sua morte, nel 1712. Ancora oggi il suo corpo si trova intatto, posizionato sopra un seggio, proprio come se fosse in vita. E c’è chi narra che, quando le vengono cambiati i vestiti, dalla sua pelle scura, perfetta e incorrotta esca un olio miracoloso. Continue reading

La paura fa bene?

In attesa delle novità di questa primavera (ce ne sarà più di una 😉 ) riporto la versione integrale della conversazione con Massimo Marino apparsa qualche tempo fa sul Corriere della Sera.

La paura fa bene: conversazione con Barbara Baraldi

“Vero e fighissimo gotico. Me lo sono bevuto”: è schematico ma efficace il giudizio che una star del noir come Massimo Carlotto dà di Lullaby, uno degli ultimi romanzi di Barbara Baraldi. Nata a Mirandola, abitante a San Felice sul Panaro, questa ragazza di provincia dagli occhi verdi penetranti e dall’aria molto dark è il nuovo fenomeno del thriller italiano. Vincitrice dei più importanti premi di settore, segnalata dalle riviste specializzate ma anche da “Vanity Fair”, “Vogue” e dal “Sole 24 ore”, riesce a tenere incollati alle sue pagine insinuando il mistero e il terrore in scenari di vita normale. Nel 2010 ha pubblicato per i Gialli Mondadori Bambole pericolose, ambientato in una Bologna violenta e esoterica, Lullaby. La ninnananna della morte per Castelvecchi e Scarlett per Mondadori.

Tre libri tra febbraio e maggio. Un vero record.

“In realtà è stato un caso, dovuto a vicende editoriali. Bambole pericolose, seguito di un libro uscito anche in Inghilterra, doveva essere pronto in agosto dell’anno scorso ed è slittato. Lullaby ha avuto varie revisioni…”.

Si riconosce nella definizione di regina del thriller gotico italiano?

“In parte sì. Sono quelle le atmosfere che mi hanno fatto nascere la voglia di scrivere. I primi libri che mi sono comprata da sola, a 13 anni, sono Dracula e Frankenstein”.

Ho letto che Morticia Addams è un suo modello…

“Sin da quando ero piccola mi è sempre piaciuto il lato oscuro. Invece dei cartoni più solari guardavo La famiglia Addams. Ho smesso di mangiarmi le unghie per averle lunghe come quelle di Morticia. A 11 anni avevo chiesto il mio primo smalto nero, e sono riuscita ad averlo a 13”.

È vero che lo usava per scrivere sul muro della sua stanza?

“Sì. Ho sempre avuto il feticismo della parola. Certe frasi che mi piacevano dovevo scriverle sul bianco della parete per averle sempre davanti, quando mi alzavo al mattino, quando andavo a letto la sera”. Continue reading

Il feticismo della parola: l’intervista a cura di Massimo Marino sul Corriere della Sera

Una conversazione con il giornalista Massimo Marino è diventata un articolo, pubblicato nella pagina Cultura del Corriere di Bologna (supplemento locale del Corriere della sera) il 12 agosto.

L’intervista può essere letta sul sito del Corriere: http://corrieredibologna.corriere.it/bologna/notizie/cultura/2010/12-agosto-2010/bologna-signora-nero-1703566064412.shtml

Oppure (in versione integrale) nel blog del giornalista Massimo Marino: http://controscene.corrieredibologna.corriere.it/2010/08/la_paura_fa_bene_conversazione.html

L'articolo pubblicato sul Corriere di Bologna