Striges: Le fiabe son tornate. La recensione di Stefano di Marino.

Una recensione di Striges che sembra quasi un saggio. E’ opera di uno scrittore che stimo, Stefano di Marino e parte dalle fiabe dei fratelli Grimm, passando attraverso al cinema di Tim Burton per parlare di stregoneria e dei miei scorsi romanzi. La recensione è stata pubblicata sul blog del professionista e su Liberi di scrivere.

Foto di Stefano Di MarinoLa fiaba è un genere molto amato e molto praticato della narrativa popolare. Sino a qualche tempo fa pareva relegato a vecchie raccolte di autori classici (Andersen, i fratelli Grimm) e a qualche racconto per bambini. Più di recente ha subito una rinascita nel cinema ma anche nei romanzi che ne hanno a volte colto il senso profondo del meraviglioso (sensoriale e sentimentale) tingendolo di  nero. Da Tim Burton aTwilight, da cappuccetto Rosso a Biancaneve e il Cacciatore ma mi piace inserirvi anche la visione cupissima di Golden e Mignola realizzata nella serie Baltimore il vampiro, ispirata al Soldatino di Latta. Di certo la fiaba (che si differenzia dalla favola dove i caratteri sono animali antropomorfi) ha sempre avuto un suo lato oscuro, affascinante e negli ultimi decenni ha mescolato il classico sfondo pseudomedioevale con ambientazioni e tematiche più moderne. L’avventura poi ci ha aggiunto qualcosa di dinamico, di vigoroso fondamentalmente a vantaggio delle eroine che, lungi da essere, damigelle in pericolo hanno preso saldamente le redini  della situazione. Come tutti gli eroi (maschi e femmine) non sempre partono da situazioni vantaggiose. A volte, e proprio qui sta la novità, è il disagio giovanile di chi si sente stretto tra una famiglia non in grado di comprendere la realtà oltre il visibile e la scuola, l’ambiente sociale e sentimentale in cui di ‘ streghe cattive’ e  ‘orchi’ in carne ed ossa ce ne sono sin troppi. L’amore tradito, impossibile si mescolano così alla presa di coscienza di essere donne speciali ma di avere sempre avversari in una realtà che urbana e moderna o medioevale fantastica è sempre fatta di grigi, di zone d’ombra. È il percorso narrativo di Barbara Baraldi, chiaro anche se non ancora così ben delineato, sin dai primi racconti, da quel  piccolo capolavoro che vinse il Gran Giallo città di Cattolica e dalle opere che seguirono, i due ‘corti’ Perdisa che compongono il dittico di Amelia, ai Gialli sanguinari e dark con protagonista Eva  sino a Lullaby e ai primi due episodi della saga di Scarlett. Sarebbero moltissime le storie scritte da Barbara nel corso degli anni, da recuperare per ricostruire il suo mondo fantastico. Mi piace ricordare ‘La casa dagli specchi rotti’ che le chiesi per un’antologia che curai anni fa ‘Il mio vizio è una stanza chiusa’ dedicato al thrilling  anni  ’70. Un percorso autoriale e di formazione che si è andato a ogni tappa affinando. La narrazione, il linguaggio sono sempre più consapevoli, scorrevoli, quasi un film che Barbara vede nella sua testa e proietta attraverso lo sguardo sulla pagina scritta e incanta il lettore. Striges arriva in un momento difficile dell’editoria italiana, un momento in cui l’urban fantasy, la fiaba moderna sono stati massicciamente scoperti e sfruttati, spesso con una produzione  narrativa e cinematografica sovrabbondante, ovviamente esterofila. Ma che bisogno abbiamo di cercare autori all’esterno, quando ne abbiamo di così bravi a casa nostra. In un romanzo corposo (che intuiamo è solo una parte di un più ampio disegno narrativo) Barbara interpreta in maniera originale il mito delle streghe, affondando la lama nella ricerca, nel mito solo per quel che è necessario per stimolare emozioni, astenendosi da didascalismi inutili. Vince il cuore, naturalmente, perché queste sono le regole delle fiabe ma il mistero e la sofferenza accompagnano la crescita della sua eroina Zoe per tutto il romanzo. Ed è incredibilmente brava Barbara a mescolare la realtà (evidente in certi personaggi come Sam e l’adorabile Chloe) alla fantasia. Il palcoscenico è Milano che rivela angoli nascosti, botteghe di burattinai di Praga, inaspettati consessi di streghe, inquisitori, feste che sembrano uscite da reami fatati e combattimenti sulle guglie del duomo. E come sempre in tutte le cose c’è una natura buona e un’altra feroce che lottano  per il predominio. Tra le Streghe quanto  tra gli Inquisitori. C’è persino un famiglio mutaforma che appare prima con l’aspetto di un furetto che la protagonista coccola provando poi un certo imbarazzo scoprendolo un bel giovane, un artifizio ben calibrato che sicuramente piacerà al pubblico femminile. Cura nei dettagli, negli abiti e nei profumi, nella musica, nei riferimenti letterari e cinematografici che spuntano così, magari nel titolo di un capitolo, inaspettati. Una lettura per tutti quindi, una lettura per chi non ha paura di emozionarsi. Un bellissimo film ‘scritto’ del quale aspettiamo nuovi e inediti sviluppi, magari inseriti in panorami extra urbani, bucolici e ricchi di fascino come quelli che Barbara sa raccontare, perché il  velo magico del suo racconto si applica perfettamente alla città quanto alla natura.

Striges – Barbarba Baraldi- Mondadori-465pp-17 euro

Colpo in canna – Stefano di Marino intervista Barbara Baraldi

LULLABY- INTERVISTA A BARBARA BARALDI

Barbara Baraldi e "Lullaby"
Barbara Baraldi e "Lullaby"

Barbara Baraldi è una delle poche vere professioniste che conosca nella nuova leva dei ‘giallisti’ italiani. È l’impressione che ho ricavato la prima volta che l’ho incontrata al Sud Dinner Bar ospite di Pinketts e Cappi in occasione della vittoria del premio Gran Giallo Città di Cattolica ed è la sensazione che ho consolidato lavorando in più occasioni con lei (nell’antologia ‘Bad Prisma’ curata da Danilo Arona e più recentemente in ‘ Il mio vizio è una stanza chiusa’ , entrambi editi da Mondadori). La professionalità sta nella solerzia della realizzazione dei progetti, la capacità di spaziare tra vari registri narrativi adattandosi con la giusta dose di umiltà ma anche con la consapevolezza del valore del proprio lavoro. Prova ne è “Tracce di sangue nella nebbia” , un ottimo thriller di stampo tradizionale pubblicato su Confidenze in tempi recenti. Vi propongo quindi questa intervista con grandissimo piacere.

Stefano di Marino

SDM: In questi mesi sono apparse diverse tue opere di varia lunghezza: racconti per antologie, un Giallo Mondadori, un lungo romanzo, novelle a puntate… una produzione che si va ad aggiungere al già nutrito numero di pubblicazioni (e premi) nel tuo curriculum. Qual è la differenza tra queste varie forme di narrazione secondo te?

B.B.: All’inizio del mio percorso di scrittrice scrivevo la storia che avevo voglia di raccontare, e non mi ponevo problematiche di tematica o lunghezza. Ora capita che mi vengano commissionati romanzi o racconti. Questo per me non è un limite, bensì un modo per mettermi in gioco e, magari, migliorarmi. La differenza tra le forme di narrazione, per quanto riguarda la mia scrittura, è più che altro organizzativa. Con il giallo a puntate, per esempio, dovevo dividere il romanzo in sei parti che si concludessero con una sorta di climax per spingere il lettore a desiderare di saperne di più, proprio come avveniva nel feuilletton. Dovevo quindi tenere ben presente la lunghezza di ogni puntata e giocarmi la scena di tensione al momento giusto. È stato molto divertente.

SDM. Quale formula trovi più congeniale al tuo modo di raccontare? Continue reading