Bambole pericolose: Thabir

Il campanello suona ma nessuna risposta. L’eco del suono metallico si perde rimbombando nel vuoto del lungo corridoio.

La giovane donna scende le scale della palazzina. Corre sui tacchi a spillo con la sicurezza di un’amazzone in battaglia. La sua battaglia è la seduzione.
Scende un piano ancora. Il corridoio angusto, la penombra inconsistente, il cuore aumenta i battiti. Tum tum.

La venere dai capelli d’ebano porta la mano al petto e ascolta la melodia del suo affanno. Gli scantinati, i garage sotterranei le hanno sempre fatto paura. Uno sgomento atavico.
Le stanze sotto il livello del mare. Sotto terra. Dove si finisce da morti.
La morte. La terrorizza e la eccita.
La musica fuoriesce dalla pesante porta in metallo basculante. Lei bussa, sorride tra sé e sé, passa la lingua sulle labbra carnose. Nessuna risposta e allora appoggia le natiche al freddo metallo, solleva la gamba e pianta il tacco come fosse un piccolo ariete pronto a sfondare un antico portone.
Un suono secco, un altro ancora. Colpisce con forza la porta che vibra sotto i fendenti di quella femminilità selvaggia.

Stacca il contatto e resta in attesa. Qualcuno dall’interno abbassa la musica e dopo pochi istanti la pesante porta comincia a sollevarsi. Un uomo sudato e muscoloso si china guardando in cagnesco oltre la fessura che si è ritagliato. Davanti ai suoi occhi gambe affusolate racchiuse in collant di seta nera.

“E tu cosa ci fai qui?” Continue reading